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2021

GETTARE IL CUORE OLTRE L’OSTACOLO

GETTARE IL CUORE OLTRE L’OSTACOLO
Vita ha quarantasei anni, una casa in periferia, un lavoro da commerciale in azienda, un marito – Lino – due figli una ragazza (di sedici anni) un ragazzo (di quattordici) cui si è aggiunto da due anni circa il terzo figlio affidatario. “Non siamo la famiglia del Mulino Bianco” – tiene a precisare Vita – “sono semplicemente una donna fortunata. Ho un legame di coppia solido grazie ad un uomo speciale: mio marito lavora a contatto con le persone, abbiamo impostato fin da subito il nostro rapporto su una base di rispetto profondo e di parità, ci gestiamo congiuntamente le agende, la cura e gli impegni. Entrambi dedichiamo almeno mezza giornata a casa e famiglia. Lino poi ha un DNA particolarmente propenso alla famiglia: viene da una famiglia numerosa dai grandi valori, ha tre fratelli ed una sorella. La sua è ancora una di quelle famiglie dalle grandi tavolate, dai camini accesi, dalle otto persone a pranzo ogni giorno, dai raduni con decine di cugini.
Una famiglia ricca di sensibilità ed umanità dove il nonno ha saputo trasmettere per primo – soprattutto ai tre figli maschi – il valore del rispetto per la nonna e per le donne. Per questo motivo, non ho mai avuto problemi, Lino è completamente interscambiabile con me: una domenica su quattro fa assistenza a sua madre anziana, è in grado di provvedere a tutto. A casa nostra non ci sono definizioni di ruolo: ci aiutiamo e basta, facciamo entrambi quello che serve per mandare avanti la famiglia e i ragazzi. Stiamo insieme da quasi trent’ anni: l’arrivo dei bambini non ci ha particolarmente scombussolato e abbiamo sempre tenuto alcuni spazi progettuali aperti al futuro. Lino ha voluto proseguire gli studi e due anni fa si è laureato, un obiettivo suo che abbiamo condiviso con gioia. L’affido era sempre nell’aria, era un progetto che abbiamo accarezzato più volte. Ci siamo decisi ed abbiamo fatto il corso, abbiamo valutato che “si poteva fare”. Poi il primo tentativo di abbinamento, il secondo, che ci siamo trovati a rifiutare per incompatibilità di età e condizioni. Infine, il terzo: due anni e mezzo fa è arrivato B.: aveva dodici anni ed era praticamente coetaneo di nostro figlio. Potevano fare un bel terzetto e diventare adolescenti assieme. B. è arrivato con un suo vissuto non facile e poca consapevolezza delle proprie capacità. Ci siamo buttati e l’abbiamo accolto: una famiglia con dei coetanei preadolescenti poteva essere una buona soluzione. Da lì è iniziata una nuova, inaspettata, esperienza – certo non facile – che ci costringe tutti ad adattarci e rimetterci in gioco ogni giorno. È arrivato nel passaggio dalle elementari alle medie. Siamo partiti col risolvere gli aspetti più urgenti: l’igiene personale in autonomia, il cibo sano, il sonno notturno. Poi mi sono dedicata al grande ripasso per poterlo inserire a scuola nel migliore dei modi. Tabelline e consonanti per un’estate intera. In un mese e mezzo i risultati sono stati sorprendenti: si teneva pulito, mangiava correttamente, aveva un’infarinatura dei programmi di scuola. Sembrava niente ma per lui era tanto. Consapevoli che la normalità è un principio soggettivo e variabile e che bisognava mantenere obiettivi basici e sostenibili, abbiamo iniziato il nostro percorso di genitori affidatari, coordinandoci con i servizi e mantenendo gli incontri di monitoraggio, anche talvolta con la famiglia di origine. Abbiamo organizzato tutto quello che potevamo, ma non abbiamo potuto cambiare quella sua indifferenza, quella scarsa empatia che capisco ma che mi disarma sempre. Sembra che tutto gli scivoli addosso – (è molto individualista) – non riesce ad essere sincero, cede spesso alle bugie e a volte entra in conflitto coi fratelli. Nonostante questo, la convivenza è serena, nostro figlio gli ha generosamente ceduto la sua camera e tra adolescenti, pur nella diversità, il ménage è sereno. B. ora è inserito, fa uno sport, suona e va a scuola. Siamo una famiglia normale e passiamo le giornate come tutti, dividendoci tra lavoro, sport, hobby e studio. Sono perfino riuscita ad infilarci l’impegno civico che mi occupa molto tempo ma mi dà grandi soddisfazioni. B. è arrivato in piena campagna elettorale per le elezioni amministrative. A volte sento la fatica fisica, ma non ho mai avuto dubbi sul desiderio di fondo: restituirgli le basi per una buona vita che gli riporti serenità. Dargli strumenti per diventare un adulto responsabile che sa distinguere il bene dal male e stabilire le priorità, senza sprecare soldi e talenti. Questo è quello che conta, questo è il senso vero della nostra scelta. Tutto il resto viene dopo. Quando lo vediamo felice alle tavolate coi cugini, gli zii ed i nonni, siamo felici anche noi. Ha visto il mare, le montagne, la campagna. Ha una nonna in più: mia mamma, accogliente, gioviale ed ancora giovane, che ha saputo darci una mano e che lo ha a volte accudito. Gli ha insegnato a raccogliere i funghi e scherza con lui. Questo ci basta, speriamo che serva anche a lui per superare questi anni difficili ed imboccare una sua strada, autonoma, consapevole e serena, per avere il senso di una famiglia buona che accoglie e cura. Non mi sento multitasking, a volte scappo e mi rigenero anche io, come tutte: tre giorni di vacanza “leggera” con le amiche mi bastano per caricare la batteria e ripartire alla grande e ritornare in forza dai miei tre bei figli adolescenti. Grazie famiglia!”