SE IL MAKE-UP TI CAMBIA LA VITA
Rita è una trasformista creativa delle cicatrici. Di mestiere è ufficialmente dermopigmentatrice, è docente della prima e unica cattedra italiana di Dermopigmentazione al Dipartimento di Biologia dell’Università di Ferrara, ha il titolo di estetista ma è figlia d’arte di grandi parrucchieri, sta studiando per diventare infermiera professionale ed è una vera pioniera del trucco permanente in Italia. Durante il lockdown si è appassionata di filosofia, ha preso la maturità liceale da privatista, perché “per lo Stato ero solo una ragioniera”. Tecnica ma grande eclettica, si è formata anche alla scuola d’arte oltre che come volontaria nelle corsie degli ospedali. Di fatto, ogni giorno, restituisce vita ai volti, intensità agli sguardi, dignità ai seni operati, nuovi contorni alle labbra. Cancella, nelle donne, i segni delle violenze subìte e il suo trucco permanente giunge come un sollievo nel faticoso percorso di riabilitazione oncologica. Originaria di Eraclea, ha vissuto nelle Marche per alcuni anni per il lavoro del marito (dirigente d’azienda), ma ha saputo cambiare vita e luogo nel momento giusto.
Vive a Treviso col marito Simone, ha due figli adolescenti, ha venduto casa per aprire un’azienda in grado di produrre in autonomia i materiali che le servono per lavorare al meglio. Le sue regole sono ferree: qualità assoluta dei prodotti e rispetto ossessivo dei protocolli igienico-sanitari. Del trucco (quello permanente che fa rinascere), vive e interpreta le due più grandi dimensioni: quella estetica, che l’ha portata in giro per il mondo a truccare le modelle più famose e a calcare le passerelle delle grandi sfilate di moda, e quella sanitaria, che cura le cicatrici, allevia le sofferenze e aiuta a ripartire dopo un trauma. Nell’insieme, esprime tutta la forza terapeutica del make-up: regala cura e bellezza a chiunque. Cosa ben diversa da un semplice tatuaggio. Oggi Rita si divide tra le aule dell’Università di Ferrara, il volontariato alla LILT dove ricostruisce le areole delle donne operate al seno, un ambulatorio in Slovenia, il proprio ambulatorio a Treviso e vari corsi di formazione per estetiste e operatori sanitari. Risultato: per accedere ai trattamenti – se non urgenti – servono almeno sei mesi di lista di attesa. Il tutto oltre a incombenze famigliari, genitori anziani, marito, studio e figli adolescenti. “Sono una matricola, pur lavorando da decenni, mi sono iscritta all’Università per prendere il titolo di infermiera professionale. Frequento online i corsi in inglese e studio di notte, quando chiudo l’ambulatorio. Questo mestiere purtroppo non è regolamentato, non ha un albo professionale e non si sa mai cosa chiederà il Ministero. Intanto studio, come ho sempre fatto nella vita”. Rita è, in sostanza, una grande autodidatta, ma spera in una regolamentazione dell’intero settore. “Oggi posso dire di aver fatto un mio percorso professionale, tappa dopo tappa, approfondimento dopo approfondimento. Ma venti anni fa questo mondo non esisteva, non c’era la cultura della ricostruzione, quando subivi una lesione ti restava per tutta la vita. Ho capito che questo ambito sanitario poteva diventare la mia dimensione professionale e umana da ragazza, a 27 anni – racconta Rita – quando a San Donà il centro estetico mi stava stretto. Ho iniziato da volontaria in oncologia e ricordo come se fosse ieri il giorno in cui mi è venuto in mente di ricostruire l’areola del seno. Ci ho lavorato tanto, oggi per le donne operate è un simbolo di rinascita, un modo per tornare alla normalità. Poi da lì mi si è aperto un mondo, sono in ricerca continua. Le sopracciglia possono cambiare lo sguardo e dare fiducia a una persona, alle donne col volto lesionato nascondo le cicatrici. A chi ha una disabilità alle mani propongo un trucco leggero per essere a posto e mantenere l’autonomia. Ma non lavoro solo con le donne. Mi ha colpito un signore, gentilissimo, che è stato mio paziente di recente. Ha avuto anche la sensibilità di raccontare la sua esperienza in un video che conservo nel mio cellulare con molto affetto. A causa di un grave lutto ha avuto un’alopecia totale. Per anni si è rinchiuso in casa, ha fatto tutti i tentativi e le cure possibili. Alla fine, non so come, è approdato in ambulatorio. Gli ho ricostruito le sopracciglia e ha fatto in un centro specializzato il trapianto di capelli. Ora è uscito dal tunnel in cui era finito, piano piano si sta ricostruendo una vita sociale e non si vergogna di uscire di casa e di andare a lavorare. Pochi tocchi gli hanno cambiato la vita, ha avuto la forza e il coraggio di provarci. Ogni mattina mi alzo felice e convinta di quello che faccio, i sacrifici, anche economici, non mi pesano. Fortunatamente ho avuto un grande sostegno da mio marito”.