Geltrude Tonon è un esempio di impegno, fatica, resistenza. Molto più di una donna che lavora, è una donna che ha una coscienza sindacale fuori dalla media, che si è conquistata tutto nella vita, che ha saputo emanciparsi e affermarsi, tappa dopo tappa, obiettivo dopo obiettivo.
Che nulla fosse regalato, Geltrude l’ha capito subito: “mi sono sposata a 19 anni, mio marito – a soli 24 anni – è morto per un embolo polmonare mentre ero incinta di 6 mesi e quando è nato il bambino non ho potuto che dargli lo stesso nome: Mario Brunello, per me Marietto. Era il 1968, ero economicamente a carico di mio marito, quando ho partorito hanno chiamato mio padre e sono riuscita ad avere l’assistenza sanitaria grazie al nostro medico di base.
Ho provato sulla mia pelle l’importanza di una copertura sanitaria”. Geltrude, classe 1947, non dimostra i suoi anni: è un concentrato di forza e di energie. Nata a Santandrà da genitori veneti, ha avuto tre fratelli maschi, un padre alpino, attendente dai “Monti” – “una fabbrica, un mondo, un’istituzione” –, una madre che ha sempre lavorato sodo e che non è “mai diventata siora”. Entrambi le hanno insegnato che è meglio dare che ricevere, che un mestiere è un mestiere, che niente si ottiene senza impegno, che la fatica fa parte della vita, che di fronte al lavoro non ci si “tira mai indietro”. Un DNA semplice e forte, umile e orgoglioso, pieno di valori e di forza interiore. Con questo DNA ha iniziato il proprio percorso lavorativo a 14 anni, in tempi in cui nella campagna trevigiana l’unica possibilità – per una donna non ricca che non poteva studiare – era lavorare i campi o sperare in un matrimonio.