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2021

UNA NONNA STAGISTA: RINASCERE IN PENSIONE

UNA NONNA STAGISTA: RINASCERE IN PENSIONE
La storia di Ornella è la storia di una nonna che ha saputo affrontare lutti, difficoltà e fasi della vita e che è sempre stata pronta a riemergere. È una delle rare persone che hanno avuto la fortuna di poter nascere e vivere sempre nella stessa casa – quella dei genitori – grazie ad intelligenti divisioni: una graziosa villetta a San Zeno. È la prima dei tre figli e, come spesso accade, è dovuta andare a lavorare presto per permettere ai più piccoli di proseguire gli studi. Ornella ha settantun anni ma – si sa – i settanta di oggi sono come i sessanta di ieri, ha frequentato le scuole commerciali ed è una delle donne pioniere del lavoro in azienda. Ha lavorato prima alla concessionaria Necchi e poi alla Dal Negro Carte da Gioco, “azienda simbolo meravigliosa che ha creduto in me e mi ha fatto crescere”. “Avevo sedici anni quando sono entrata come impiegata addetta alla fatturazione e usavo una macchina da scrivere Olivetti M40, che ancora conservo nel mio studio”.
È stata coinvolta fin dai primi passi dell’informatizzazione e ne è diventata responsabile, un CIO (Chief Information Officier) ante litteram. Per assicurare che il suo lavoro proseguisse correttamente anche dopo il suo pensionamento, nel 2004, ha formato dei giovani che potessero sostituirla in una fase di sviluppo e crescita importante dell’azienda. “È stata una soddisfazione insegnare e passare le conoscenze acquisite in tutti quegli anni ai giovani e vederli poi camminare, anzi, correre da soli”. “Ho visto – purtroppo – la morte in faccia diverse volte. Prima ho perso mio padre in un incidente stradale nel 1976 e tre anni dopo, sempre per un tragico e assurdo incidente mio fratello, Mario, che non ha mai potuto conoscere suo figlio nato tre giorni dopo la sua scomparsa. Nel marzo 2014 ho saputo che saremmo diventati nonni, ero entusiasta all’idea di preparare con mio marito tutto il necessario per l’arrivo della nostra prima nipotina, ma lui ci ha lasciati in una notte di giugno, silenziosamente, a causa di un infarto improvviso a soli sessantacinque anni. Per fortuna quella sera c’era in casa mio figlio, che, nonostante abitasse già a Padova, il destino ha voluto fosse lì per non farmi vivere da sola quei terribili momenti”. “In tutto questo” – racconta – “ho sempre avuto l’idea forte e granitica della famiglia: uniti sempre, davvero, nel lutto, nella gioia, nell’assistenza a mia madre nei suoi ultimi anni. Ho ricordi bellissimi in cui prima di andare a lavorare scendevo, davo la colazione a mia mamma, mi accertavo che fosse tutto a posto e poi iniziavo la mia vera giornata lavorativa. Prima coi miei genitori, ora coi figli e nipoti: dalla famiglia ho preso e restituito la carica, sempre. Sono andata in pensione nel 2004: è stato un momento di rinascita, di ripartenza, avevo tutte le intenzioni di riscattarmi di alcuni aspetti che a causa della mia intensa vita lavorativa avevo trascurato: mi chiamavano mamma bo-frost perché compravo tutto surgelato. Ho deciso di ritornare a scuola e di fare quello che non avevo mai fatto. Mi sono iscritta a sessant’anni all’Alberini per prendere il diploma di chef. Quattro anni di scuole serali, sala bar e cucina, con tanto di libri, voti, pagelle, esami, stage. Di giorno insegnavamo anche l’italiano ai ragazzi stranieri. Al quarto anno sono partita coi ragazzi, con queste ‘tosete’ che erano in classe con me, in macchina per la Grecia: ero assegnata per uno stage in un grande hotel. Un mese, un’esperienza bellissima. Ho conseguito il diploma, sia di sala bar che di cucina. Contemporaneamente mi sono iscritta al corso volontari di Advar e sono dentro questa meravigliosa Associazione da quindici anni. Ho iniziato con l’assistenza domiciliare ai malati terminali, che è stata un’esperienza intensa e forte: è molto più quello che si riceve rispetto a quello che si dà. Poi ho messo a disposizione dell’Associazione la mia neo esperienza acquisita nei quattro anni di Scuola alberghiera e mi hanno permesso di fondare il gruppo cucina degli Argonauti. Nella mia cucina facciamo di tutto, lavoriamo ed organizziamo tutti i rinfreschi che servono per l’Associazione, fino a prima del Covid e ora mi manca tantissimo. Il gruppo cucina che ho l’onore e il piacere di coordinare, è composto da pensionati e pensionate volontarie Advar con grande passione e doti culinarie, ognuno ha la sua specialità e ha portato le sue ricette segrete, ma la nostra forza è stata quella di formularle tutte in monoporzioni e finger food. Il volontariato è stata una forza propulsiva e fondante della mia terza fase della vita. Ho mutuato l’esperienza dell’Advar anche nel mio quartiere, faccio parte dell’Associazione Qua San Zeno, organizzo i gruppi di burraco per gli anziani e partecipo alla festa del quartiere. In questo periodo, invito qualche anziano solo qui a casa, nel mio giardino, per qualche ora di gioco a carte, distanziato e con le regole. Ora, purtroppo, il Covid ci ha bloccato: la festa grande di quartiere per quest’anno salterà, ma per l’anno prossimo ho in testa un modello di festa meraviglioso che ho visto a Pordenone, una festa in cui i bambini scendono in strada e vendono autonomamente i loro giochi. In questo modo imparano a gestire i soldi, a capire il valore economico delle cose che hanno, a staccarsi dagli oggetti che hanno esaurito la loro funzione e diventano più autonomi. È una festa bellissima e mi piacerebbe realizzarla qui a San Zeno.”